mercoledì 29 febbraio 2012

HEAVY IMPACT

HOUSEBREAKING "Out of your brain"
(Crash Music)

Valutazione: 8/10


“Quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. Cercando di trasporre questa massima dello “spaghetti western” alle produzioni discografiche, potremmo dire: “quando una band dall’approccio musicale intelligente e giustamente critico incontra una band che vive di riflessi altrui, allora la band riflessa è destinata all’oblio”.
Dico questo non perché vorrei scoraggiare i potenziali musicisti in balia della pratica dell’autoproduzione, ma unicamente perché era da tempo che non mi capitava di imbattermi in un progetto sonoro avente caratura pari a quella di bands forgiate dal blasone delle più o meno grandi labels. Ma procediamo con il dovuto ordine. Gli Housebreaking si formano in quel di Cassino a metà degli anni 90 e dopo mille vicissitudini tra impeti, cambi di genere e scioglimenti, trovano forma compiuta solo nel 2009, anno in cui iniziano a lavorare al primo studio album dal più che emblematico “Out Of Your Brain”. Emblematico perché, è da interpretare come un fuori dalla tua concezione, ovvero come una piccola indagine critica che passa al vaglio i rapporti che intercorrono tra il potere e ciò che viene dato in pasto alle masse. Questo per ciò che concerne il punto di vista tematico.
Per quanto riguarda il tessuto sonoro, in senso stretto, la band potrebbe essere inquadrata in quello che può essere definito Deathcore (non pensate ad una band di ragazzini dal piglio minimalista intenta ad usare impropriamente vocaboli come “mosh” e groove”), anche se a mio modo di intendere, trovo tale definizione più che restrittiva. In realtà sarebbe più appropriato parlare di una operazione sonora dal piglio moderno che rivede in maniera personale Thrash e Death Metal, riproponendo questi, in maniera dinamica e diretta. E se l’opener “Out Of Your Brain” si fregia di stacchi ritmici degni della migliore rappresentazione Death n’ Roll, la seguente “Clandestine” (giusta critica al luogo comune sull’argomento) porta con sé echi che sanno di Pantera e di tutta la torbida trattazione ‘core/metal a stelle e strice.
Si continua con “Saint’s War” e “Blessed Be”, brani dove la band mette in primo piano tutta la propria fisicità e dove l’interpretazione del singer Marco Stanzione sfiora livelli di eccellenza assoluta. L’album si mantiene su livelli qualitativi alti, per tutta la sua durata, ed infine stordisce l’ascoltatore con la veloce ed irriverente autocitazione “Housebreaking”, dove old school Thrash e groove si fondono in una combine perfetta.
Concludendo, un lavoro esemplare, che evita inutili cacofonie in favore di un appeal fisico, robusto ed accattivante. Con queste premesse credo proprio che non sarà difficile per gli Housebreaking farsi largo nel marasma delle bands nostrane. Impatto, stacchi ritmici trascinanti ed un sano criticismo, sono queste in definitiva le armi di una band che va presa ad archetipo.

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